A tutti i consiglieri provinciali, gli assessori, presidente delle Provincia di Livorno, facente parte di ATO Costa Rifiuti
Oggetto: Piano interprovinciale dei rifiuti, invito a non adottare tale piano, come proposto. Diffida.
Con
la presente si diffidano i soggetti in indirizzo dall’approvare il
Piano interprovinciale dei rifiuti, così come proposto, per le sue
manifeste illogicità, illegalità e novicità per la salute della
popolazione. Qui si sintetizzano i motivi di opposizione dei
sottoscrittori del presente documento di diffida.
1- sovrastima della quantità dei rifiuti:
si sovrastima la previsione della quantità dei rifiuti solidi urbani,
che sarebbero prodotti fino al 2020, per giustificare la costruzione
di un nuovo grande inceneritore a Livorno. Tale sovrastima è illegale,
oltre che illogica ed irrealistica, dato che la Direttiva 2008/98
prevede al primo posto la prevenzione della produzione dei
rifiuti, nella gerarchia delle pratiche per ridurre i rifiuti: si deve
intervenire a monte, nei cicli produttivi delle aziende, per ridurre
alla fonte la quantità e migliorare la qualità – verso il riciclo – di
imballaggi ed altri prodotti.
2- Inutilità ed inaccettabilità
sia di nuovi inceneritori , sia del mantenimento di quelli esistenti.
La VAS conferma la centralità dell’incenerimento dei rifiuti, ribaltando
lo spirito della Direttiva 2008/98.
3- concentramento dell’incenerimento nell’area sud dell’ATO.
Oltretutto la VAS concentra le previsioni di incenerimento nell’area
sud dell’ATO, nonostante che l’area Livorno-Pisa sia inserita da anni
nel Piano di risanamento e mantenimento della qualità dell’aria, per le
molte emissioni inquinanti già presenti. Per il PRM qualità dell’aria la
Regione Toscana sta spendendo da anni cifre considerevoli , anche se
sempre insufficienti. Tali investimenti verrebbero vanificati con le
previsioni di incenerimento massivo.
4- eccesso di morti per tumore.
L’Agenzia Regionale Sanità sta concludendo uno studio epidemiologico
sull’area Livorno Collesalvetti, le cui conclusioni dovranno essere
conosciute e pesare sulle decisioni politiche riguardo i rifiuti e non
solo, dato che la salute della popolazione è il principale parametro da
tutelare. I dati iniziali dello studio, presentati dal coordinatore
dello studio stesso – il prof. Annibale Biggeri di
ARS e dell’Università di Firenze – al Consiglio comunale di Livorno il
30 maggio 2011, sono di per sé preoccupanti, in quanto testimoniano di
una mortalità per tumore superiore alla media regionale .
Con
l’occasione si rileva l’incostituzionalità dei criteri nella
costituzione di ATO Toscana costa, e quindi l’illegalità nella
formazione delle decisioni. Infatti i comuni hanno un peso
nell’Autorità di ambito non in base al principio costituzionale del
numero di abitanti amministrati, ma del diverso peso che i comuni stessi
hanno nello smaltimento dei rifiuti, presente o futuro: criterio quanto
meno opinabile. Ad esempio il Comune di Peccioli (4.966 abitanti) pesa
per il 3,88 %, più di Viareggio che pesa per il 3,62 % nonostante i
suoi 64.192 abitanti , mentre Rosignano (6,31 %) pesa più di Pisa (6,30 %).
Per
i motivi premessi e sotto indicati, anche alla luce delle concrete
responsabilità personali di carattere contabile e giudiziario che
potranno ricadere sugli amministratori pubblici cui spettano le
decisioni in oggetto,
DIFFIDA
I
Consiglieri Provinciali a non adottare il piano interprovinciale così
come proposto e chiede di prendere una forte iniziativa politica tesa a
modificare la norma regionale che affida alla nuova compagnia (New Co)
la raccolta differenziata dei rifiuti in violazione della normativa
vigente.
La
Comunità d’Ambito territoriale Toscana Costa (Comunità d’Ambito
abrogata con effetto 01/01/2012 L.R. 69 del 28/12/2011 e sostituita
dalla Autorità d’Ambito), in forza dell’articolo 23 bis comma 2 lett. b)
del D.L. 112/2008, norma abrogata per effetto di referendum popolare
del giugno 2011, ha costituito in data 16 dicembre 2011 una società
destinata a divenire società mista pubblica privata (cosiddetta “New-co”
) e a cui verrà affidata anche la gestione della raccolta differenziata
dei rifiuti su tutto il territorio della Costa.
Ciò è in contrasto con quanto stabilisce la norma comunitaria e la legge italiana.
In
particolare l’articolo 11 della Dir. 19 novembre 2008 n.2008/98/CE
stabilisce che “gli Stati membri adottano misure intese a promuovere il
riciclaggio di alta qualità e a tal fine istituiscono la raccolta
differenziata dei rifiuti”. Tale attività deve avvenire attraverso “la
costituzione ed il sostegno di reti di riutilizzo e di riparazione,
l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di appalti, di
obiettivi quantitativi o di altre misure.”
Il
legislatore italiano, nella legge di trasposizione della direttiva ora
citata (D.Lgs. 205/2010), ha previsto che tale obiettivo di economicità
può e deve avvenire attraverso l’affidamento esclusivo della gestione
della raccolta differenziata ai Comuni nel territorio dei quali la
raccolta medesima deve svolgersi.
Il
comma 1 dell’articolo 7 della citata legge di trasposizione ha
modificato l’art. 181 del D. Lgs. 152/2006. Esso stabilisce che ”al fine
di promuovere il riciclaggio di alta qualità... le Regioni stabiliscono
i criteri con i quali i Comuni provvedono a realizzare la raccolta
differenziata in conformità a quanto previsto dall’art. 205…”.
Anche
se la Comunità d’ambito è composta dai Comuni, non si può certo negare
che tale Ente (la Comunità d’ambito poi Autorità d’Ambito) è un soggetto
giuridico ed operativo completamente diverso dai singoli Comuni che la
compongono, esattamente come non può sostenersi che una società sia la
stessa cosa di un suo socio.
Se
quindi la legge, recependo una norma comunitaria, ha inteso affidare ai
Comuni la realizzazione della raccolta differenziata; non può certo
sostenersi che la normativa permetta di sostituire al Comune una
Comunità d’ambito costituita da un elevatissimo numero di soci, né
tantomeno che, in subordine, questa Comunità affidi la realizzazione
della raccolta differenziata ad un soggetto (la società mista) che con
gli interessi e le specifiche prerogative di ogni singolo Comune non ha
assolutamente nulla a che spartire. Ciò appare evidente, oltre che
dall’interpretazione letterale della norma, da due semplici
considerazioni:
1) il legislatore ha evidentemente inteso affidare ai Comuni un servizio remunerativo.
2)
le caratteristiche con cui si svolge la raccolta differenziata
richiedono che essa sia organizzata e realizzata in ambito strettamente
locale. Infatti, chi meglio di un Comune (o di una sua società) può
gestire con la necessaria attenzione e capillarità un servizio che
richiede ampio coinvolgimento dei cittadini (si pensi ad esempio alla
raccolta porta a porta).
Questo
concetto è stato rafforzato dal legislatore con la previsione di gravi
sanzioni (comma 3° dell’articolo 205 del D. Lgs. 152/2006) proprio per
quei Comuni che non raggiungono gli obiettivi indicati al comma 1 del
medesimo articolo (65% di RD a dicembre 2012).
E'
quindi del tutto illogico e soprattutto illegittimo, pensare di
aggirare la norma come se i Comuni potessero delegare ad un soggetto
terzo, in parte estraneo alla Pubblica Amministrazione, un servizio che
sono chiamati a gestire direttamente, o al massimo in forma di piccoli
consorzi e società locali, e di cui poi devono rispondere sulla base del
rispetto degli obbiettivi di efficienza di raccolta raggiunti.
La
Comunità d'ambito ha certamente competenze di organizzazione e
coordinamento nella gestione dei rifiuti urbani ma non può arrogarsi
competenze sulla raccolta differenziata che, per espressa norma di
legge, spettano ad altri Enti, per l'appunto i Comuni.
Inoltre
l’impostazione proposta introduce, di fatto, un soggetto monopolistico
violando pesantemente il principio di concorrenza e di libero mercato in
un settore che la legislazione europea, così come recepita dal
legislatore italiano, ha aperto alla libera iniziativa dei soggetti
operanti nel settore della raccolta differenziata finalizzata al
recupero dei materiali.
Oltre
a ciò, come anticipato, la previsione dell'affidamento alla New Co, si
basa su una norma abrogata con il referendum sull’affidamento ai
privati di servizi di rilevanza economica pubblica, quali sono l’acqua e
i rifiuti. Esito che la norma regionale e le decisioni qui contestate
ritengono evidentemente di non dover recepire.
Inoltre,
nella New Co, l’ingresso del capitale privato deve ancora avvenire.
Eventualità questa tuttavia impraticabile poiché è stata abrogata
proprio la norma che lo prevedeva (il citato art. 23 bis del D.L.
112/2008), mentre l’art. 26 della LR 61/2007 è troppo generico per
legittimare l’affidamento ad un unico soggetto il servizio.
Un
discorso a parte merita l’aspetto economico dell’intera questione. Si è
visto che la direttiva comunitaria richiede che la raccolta
differenziata venga realizzata con l’uso di strumenti economici. Si
legge nel bilancio dell’ATO, sotto la voce “funzione 09 – funzioni
riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, servizio 05-
servizio smaltimento e rifiuti (ma non si doveva parlare di raccolta
differenziata, quindi di recupero?), che il codice 20905062600 soltanto
per incarichi di consulenza per costituzione di società mista ammonta
alla rispettabile cifra di € 427.916,50. Forse sarebbe opportuno e
prudente che gli amministratori, prima di procedere oltre, chiedessero
su questo un parere alla Corte dei Conti.
Altro
aspetto da evidenziare è che il piano proposto assume come
“fisiologiche” la mancata attuazione delle buone pratiche ed il mancato
raggiungimento delle quote percentuali di RD imposte per legge,
dilazionando queste ultime all'anno 2020.
Questo
comporta la previsione di una produzione eccesiva di rifiuti non
differenziati da destinare agli impianti con notevoli aumenti dei costi
di gestione.
La
dilazione degli obbiettivi di raccolta differenziata poi costituisce
una deroga -del tutto arbitaria- al dettato normativo esponendo chi vi
aderisce a pesanti sanzioni D. Lgs. 152/2006, articolo 205 comma 3.
In
merito, anche la Corte Costituzionale si è espressa in modo
inequivocabile quando, con la sentenza 158/2012 pubblicata sulla G.U. il
27 giugno scorso, ha ribadito in via definitiva che la potestà di
concedere deroghe ai Comuni relativamente agli obiettivi di raccolta
differenziata, appartiene unicamente allo Stato e non alle Regioni (vedi
ATO poi Comunità d'ambito) che non possono disciplinare unilateralmente
in materia.
Come
già detto sopra, si sottolinea la sovrastima della quantità dei
rifiuti indifferenziati prevista all’interno del piano interprovinciale,
sovrastima già smentita dai dati ufficiali pubblicati dalla Regione
Toscana, (fonte ARRR Osservatorio Rifiuti: RU prodotti anno 2010:
942.503 ton.; anno 2011: 888.603 ton) che dimostrano un calo di
produzione di circa il 6% in un solo anno. Per gli stessi anni le
previsioni del piano interprovinciale fissavano una produzione di RU
rispettivamente pari a 927.229 e 937.428 tonnellate, con un incremento
annuo di circa 1,1%. La contraddizione tra i dati reali e quelli stimati
all’interno del piano è evidente, come scandalosamente evidente è il
motivo vero a cui tali previsioni sottendono: la necessità di
giustificare la costruzione di un nuovo grande inceneritore a Livorno.
Bloccare il piano provinciale smascherandone la falsità dei presupposti
significa bloccare la costruzione di un impianto tanto costoso quanto
inutile e ambientalmente pericoloso, e la cui tecnologia è, alla luce
delle normative vigenti e delle modifiche in corso, ormai senza futuro.
Infatti,
tale sovrastima è illogica, dato che la Direttiva 2008/98, recepita dal
D. Lgs. 152/2006, prevede una precisa gerarchia nell’organizzazione
della gestione dei rifiuti:
a)
prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d)
recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) e solo
per ultimo lo smaltimento. Le priorità all’interno di questa gerarchia
sono state ulteriormente definite dal Parlamento Europeo nel mese di
aprile u.s., tramite la Relazione per la revisione del programma
d'azione in materia di ambiente indirizzata alla Commissione: l'aula
chiede alla Commissione europea una migliore applicazione della vigente
legislazione comunitaria sui rifiuti ed obiettivi più ambiziosi di
prevenzione, riutilizzo e riciclaggio, tra cui un netto decremento della
produzione di rifiuti. Tra le richieste del Parlamento spicca inoltre
l'introduzione del divieto d’incenerimento dei rifiuti che possono
essere riciclati o compostati.
E'
chiaro dunque come le indicazioni del piano risultino in contrasto con
le buone pratiche richieste e normate dalla Unione Europea.
Ciò
vale naturalmente per tutti i Comuni dell’ATO che saranno costretti,
“per contratto”, ad alimentare con i loro rifiuti gli impianti di
incenerimento, sottraendo, in questo modo, risorse indispensabili per
incrementare le R.D. e svolgere le azioni di prevenzione e riduzione dei
rifiuti imposte per legge.
Si preannuncia che qualora non fosse recepita la sostanza della volontà emergente dal presente documento, i sottoscritti impugneranno al TAR le delibere relative.
04/12/2012
Medicina Democratica Livorno, Pisa e Lucca
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