Come donne abbiamo preparato un appello in solidarietà a
Marta Camposano, donna pisana aggredita e molestata dalle forze dell'ordine
venerdì 19 luglio in Val Susa e poi ancora umiliata, violata e denigrata da un
sindacato di polizia, da giornalisti e da un senatore della Repubblica.
Ve lo inviamo chiedendo di sottoscriverlo sia
personalmente che collettivamente per esigere giustizia e fare sentire a Marta
che non è sola ad affrontare l'arroganza di chi pensa di poterla continuare a
offendere con tutto il potere personale e mediatico di cui dispone.
Fatevi sentire, il silenzio è assordante.
Marta ha bisogno di noi, adesso. Se non ora, quando?
Marta Calamia, Valeria Camilloni, Monica
Moretto
Per adesioni: monicamoretto1@virgilio.it
pagina Facebook http://on.fb.me/1bFrSSu
Con Marta, donna No Tav.
Nella notte di venerdì 19 luglio, centinaia di
uomini e donne No Tav cercano di avvicinarsi alle recinzioni che espropriano
una parte della Val Susa: terra di boschi e lavande, terra che dovrebbe dare
frutti, terra che uomini e donne hanno vissuto e rispettato. Terra di lotte
partigiane, sentieri che hanno visto combattere, e vincere, contro i nazisti.
Ma quella terra ora è deserto, ruspe che scavano e abbattono, recinti e check
point, gas che avvelenano, con le popolazioni civili, i loro campi e le loro
vigne.
Una terra strappata al presente in nome di un
“progresso” che avvelena le vite delle donne e degli uomini, impegnato a
distruggere i valori e la dignità delle comunità. Un salto indietro nella
storia.
Venerdì 19 luglio uomini e donne No Tav si
avvicinano nel buio per battere sulle reti e gridare: “mia nonna partigiana me
l’ha insegnato, tagliare le reti non è reato”.
Qualcosa è accaduto, venerdì notte, in Val Susa.
Centinaia di agenti, esercito armato e attrezzato per la guerra, hanno assalito
quegli uomini e quelle donne armati di torce e limoni e bottiglie d’acqua.
Hanno chiuso loro ogni via d’uscita e, novella Diaz, hanno operato una mattanza.
I più giovani, come testimoniano gli anziani della valle, hanno cercato di
proteggere una via d’uscita ai più deboli, consentendoli di arrampicarsi sulla
montagna, fuori dai sentieri chiusi dalle “forze dell’ordine”. Hanno pagato un
prezzo altissimo, 63 feriti, 2 fermati, 7 arrestati.
Una nostra amica, Marta, 33 anni, pisana, viene
fermata, colpita alle spalle durante la fuga. La sua testimonianza racconta le
manganellate alla schiena mentre è schiacciata per terra dagli scarponi di
agenti di cui non riesce neanche a vedere il volto. La notte è satura di gas e
lei non è protetta da maschere, a differenza degli agenti. La trascinano in
due, uno le stringe il collo, dell’altro restano sul suo braccio le impronte
livide della stretta. La trascinano mentre altri intervengono. Uno alza il
manganello e le spacca la bocca (6 punti esterni, 2 interni), altri le
palpeggiano il seno e il pube. E’ un coro di insulti, un gridare “puttana”.
Sanguinante la portano dentro il cantiere, gli insulti e gli sputi continuano,
ci sono i magistrati e anche una donna poliziotto che non porta conforto ma
altri sputi e insulti e molestie verbali.
Un medico di polizia raccomanda il ricovero
immediato in Pronto Soccorso. Passeranno quattro ore. Quattro ore di sangue sul
volto e sputi e insulti al suo essere donna.
Dal Pronto Soccorso la rilasceranno indagata a
piede libero. Non è il caso di farla vedere a un giudice.
Ma la Diaz di Marta non è finita. Non è bastato
il pestaggio, non sono bastate le violazioni al suo corpo di donna, non sono
stati sufficiente “lezione” gli insulti e gli sputi e il ritardo nei soccorsi.
Marta non è stata zitta. Ha alzato la faccia
ferita, è andata davanti alla stampa e ha osato raccontare.
Lei, l’unica dei fermati di quella notte
d’inferno che poteva parlare.
E allora la caccia alle streghe riparte. Come
donne conosciamo i toni e i modi e la violenza profonda di chi ti umilia e
viola e insulta un’altra volta. Ed ecco spuntare l’UGL, sindacato di destra, a
chiedere per Marta punizioni esemplari. Ed ecco un senatore della Repubblica,
Stefano Esposito, Partito Democratico, divertirsi a twittare che Marta è
bugiarda, che le manganellate giuste che ha preso se l’è cercate con la sua
“guerra allo Stato” e che certo nessuna molestia c’è stata. Una follia di machismo,
una banale arcaica prepotenza sulle donne umiliate e su Marta violata che si
permette ancora di ribadire, dalle frequenze di una radio nazionale.
Come donne non possiamo tacere. Non possiamo
tollerare che la terra, gli uomini e le donne continuino ad essere violati. Non
possiamo più sopportare che la vita e i bisogni di tutte e di tutti siano
travolti dall’arroganza dei pochi che su questo possono lucrare. Un arroganza
che si crede onnipotente, che pensa di poter travolgere i corpi e le vite delle
donne e degli uomini, con la violenza delle armi, prima, con quella degli
insulti e della denigrazione e delle menzogne, poi.
Per Marta e i feriti della Val Susa esigiamo
giustizia.
Per le donne violate esigiamo rispetto. Se il
carnefice è pagato dallo Stato ne esigiamo di più.
Donne della Pisa No Tav
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