martedì 4 dicembre 2012

Rifiuti: la nostra diffida alla Provincia di Livorno

A tutti i consiglieri provinciali, gli assessori,  presidente delle Provincia  di Livorno, facente parte di ATO Costa Rifiuti
Oggetto: Piano interprovinciale dei rifiuti, invito a non adottare tale piano, come proposto. Diffida.

Con la presente si diffidano i soggetti in indirizzo dall’approvare il Piano interprovinciale dei rifiuti, così come proposto, per le sue manifeste illogicità, illegalità e novicità per la salute della popolazione. Qui si sintetizzano i motivi  di opposizione dei sottoscrittori del presente documento di diffida.
1- sovrastima della quantità dei rifiuti: si sovrastima la previsione della quantità dei rifiuti solidi urbani, che sarebbero  prodotti  fino al 2020, per giustificare la costruzione di un nuovo grande inceneritore a Livorno. Tale sovrastima è illegale, oltre che illogica ed irrealistica, dato che la Direttiva 2008/98 prevede al primo posto la prevenzione della produzione dei rifiuti, nella gerarchia delle pratiche per ridurre i rifiuti: si deve intervenire a monte, nei cicli produttivi delle aziende, per ridurre alla fonte la quantità e migliorare la qualità – verso il riciclo – di imballaggi ed altri prodotti.
2- Inutilità ed inaccettabilità sia di nuovi inceneritori , sia del  mantenimento di quelli esistenti. La VAS conferma la centralità dell’incenerimento dei rifiuti, ribaltando lo spirito della Direttiva 2008/98.
3- concentramento dell’incenerimento nell’area sud dell’ATO. Oltretutto  la VAS concentra le previsioni di incenerimento nell’area sud dell’ATO, nonostante che l’area Livorno-Pisa sia inserita da anni nel Piano di risanamento e mantenimento della qualità dell’aria, per le molte emissioni inquinanti già presenti. Per il PRM qualità dell’aria la Regione Toscana sta spendendo da anni cifre considerevoli , anche se sempre insufficienti. Tali investimenti verrebbero vanificati con le previsioni di incenerimento massivo.
4- eccesso di morti per tumore. L’Agenzia Regionale Sanità sta concludendo uno studio epidemiologico  sull’area Livorno Collesalvetti, le cui conclusioni  dovranno essere conosciute e pesare sulle decisioni  politiche riguardo i rifiuti e non solo, dato che la salute della popolazione è il principale parametro da tutelare. I dati iniziali dello studio, presentati dal coordinatore dello studio stesso – il prof. Annibale Biggeri di ARS e dell’Università di Firenze – al Consiglio comunale di Livorno il 30 maggio 2011, sono di per sé preoccupanti, in quanto testimoniano di una mortalità per tumore superiore alla media  regionale .
Con l’occasione si rileva l’incostituzionalità dei criteri  nella costituzione di ATO Toscana costa, e quindi l’illegalità nella formazione delle decisioni. Infatti  i comuni  hanno  un peso nell’Autorità di ambito non in base al principio costituzionale  del numero di abitanti amministrati, ma del diverso peso che i comuni stessi hanno nello smaltimento dei rifiuti, presente o futuro: criterio quanto meno opinabile. Ad esempio il Comune di Peccioli  (4.966 abitanti) pesa per il  3,88 %, più di Viareggio che pesa per  il  3,62 % nonostante i suoi  64.192  abitanti , mentre Rosignano (6,31 %)  pesa più di Pisa (6,30 %).
Per i motivi premessi e sotto indicati, anche alla luce delle concrete responsabilità personali di carattere contabile e giudiziario che potranno ricadere sugli amministratori pubblici cui spettano le decisioni in oggetto,

DIFFIDA

I Consiglieri Provinciali a non adottare il piano interprovinciale così come proposto e chiede di prendere una forte iniziativa politica tesa a modificare la norma regionale che affida alla nuova compagnia (New Co)  la raccolta differenziata dei rifiuti in violazione della normativa vigente.
La Comunità d’Ambito territoriale Toscana Costa (Comunità d’Ambito abrogata con effetto 01/01/2012 L.R. 69 del 28/12/2011 e sostituita dalla Autorità d’Ambito), in forza dell’articolo 23 bis comma 2 lett. b) del D.L. 112/2008, norma abrogata per effetto di referendum popolare del giugno 2011, ha costituito in data 16 dicembre 2011 una società destinata a divenire società mista pubblica privata (cosiddetta “New-co” ) e a cui verrà affidata anche la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti su tutto il territorio della Costa.

Ciò è in contrasto con quanto stabilisce la norma comunitaria e la legge italiana.

In particolare l’articolo 11 della Dir. 19 novembre 2008 n.2008/98/CE stabilisce che “gli Stati membri adottano misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità e a tal fine istituiscono la raccolta differenziata dei rifiuti”. Tale attività deve avvenire attraverso “la costituzione ed il sostegno di reti di riutilizzo e di riparazione, l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di appalti, di obiettivi quantitativi o di altre misure.”
Il legislatore italiano, nella legge di trasposizione della direttiva ora citata (D.Lgs. 205/2010), ha previsto che tale obiettivo di economicità può e deve avvenire attraverso l’affidamento esclusivo della gestione della raccolta differenziata ai Comuni nel territorio dei quali la raccolta medesima deve svolgersi.
Il comma 1 dell’articolo 7 della citata legge di trasposizione ha modificato l’art. 181 del D. Lgs. 152/2006. Esso stabilisce che ”al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità... le Regioni stabiliscono i criteri con i quali i Comuni provvedono a realizzare la raccolta differenziata in conformità a quanto previsto dall’art. 205…”.
Anche se la Comunità d’ambito è composta dai Comuni, non si può certo negare che tale Ente (la Comunità d’ambito poi Autorità d’Ambito) è un soggetto giuridico ed operativo completamente diverso dai singoli Comuni che la compongono, esattamente come non può sostenersi che una società sia la stessa cosa di un suo socio.
Se quindi la legge, recependo una norma comunitaria, ha inteso affidare ai Comuni la realizzazione della raccolta differenziata; non può certo sostenersi che la normativa permetta di sostituire al Comune una Comunità d’ambito costituita da un elevatissimo numero di soci, né tantomeno che, in subordine, questa Comunità affidi la realizzazione della raccolta differenziata ad un soggetto (la società mista) che con gli interessi e le specifiche prerogative di ogni singolo Comune non ha assolutamente nulla a che spartire. Ciò appare evidente, oltre che dall’interpretazione letterale della norma, da due semplici considerazioni:

1) il legislatore ha evidentemente inteso affidare ai Comuni un servizio remunerativo.
2) le caratteristiche con cui si svolge la raccolta differenziata richiedono che essa sia organizzata e realizzata in ambito strettamente locale. Infatti, chi meglio di un Comune (o di una sua società) può gestire con la necessaria attenzione e capillarità un servizio che richiede ampio coinvolgimento dei cittadini (si pensi ad esempio alla raccolta porta a porta).

Questo concetto è stato rafforzato dal legislatore con la previsione di gravi sanzioni (comma 3° dell’articolo 205 del D. Lgs. 152/2006) proprio per quei Comuni che non raggiungono gli obiettivi indicati al comma 1 del medesimo articolo (65% di RD a dicembre 2012).
E' quindi del tutto illogico e soprattutto illegittimo, pensare di aggirare la norma come se i Comuni potessero delegare ad un soggetto terzo, in parte estraneo alla Pubblica Amministrazione, un servizio che sono chiamati a gestire direttamente, o al massimo in forma di piccoli consorzi e società locali, e di cui poi devono rispondere sulla base del rispetto degli obbiettivi di efficienza di raccolta raggiunti.
La Comunità d'ambito ha certamente competenze di organizzazione e coordinamento nella gestione dei rifiuti urbani ma non può arrogarsi competenze sulla raccolta differenziata che, per espressa norma di legge, spettano ad altri Enti, per l'appunto i Comuni.
Inoltre l’impostazione proposta introduce, di fatto, un soggetto monopolistico violando pesantemente il principio di concorrenza e di libero mercato in un settore che la legislazione europea, così come recepita dal legislatore italiano, ha aperto alla libera iniziativa dei soggetti operanti nel settore della raccolta differenziata finalizzata al recupero dei materiali.
Oltre a ciò, come anticipato, la previsione dell'affidamento alla New Co, si basa su una norma abrogata con il referendum  sull’affidamento ai privati di servizi di rilevanza economica pubblica, quali sono l’acqua e i rifiuti. Esito che la norma regionale e le decisioni qui contestate ritengono evidentemente di non dover recepire.
Inoltre, nella New Co, l’ingresso del capitale privato deve ancora avvenire. Eventualità questa tuttavia impraticabile poiché è stata abrogata proprio la norma che lo prevedeva (il citato art. 23 bis del D.L. 112/2008), mentre l’art. 26 della LR 61/2007 è troppo generico per legittimare l’affidamento ad un unico soggetto il servizio.
Un discorso a parte merita l’aspetto economico dell’intera questione. Si è visto che la direttiva comunitaria richiede che la raccolta differenziata venga realizzata con l’uso di strumenti economici. Si legge nel bilancio dell’ATO, sotto la voce “funzione 09 – funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, servizio 05- servizio smaltimento e rifiuti (ma non si doveva parlare di raccolta differenziata, quindi di recupero?), che il codice 20905062600 soltanto per incarichi di consulenza per costituzione di società mista ammonta alla rispettabile cifra di € 427.916,50. Forse sarebbe opportuno e prudente che gli amministratori, prima di procedere oltre, chiedessero su questo un parere alla Corte dei Conti.
Altro aspetto da evidenziare è che il piano proposto assume come “fisiologiche” la mancata attuazione delle buone pratiche ed il mancato raggiungimento delle quote percentuali di RD imposte per legge, dilazionando queste ultime all'anno 2020.
Questo comporta la previsione di una produzione eccesiva di rifiuti non differenziati da destinare agli impianti con notevoli aumenti dei costi di gestione.
La dilazione degli obbiettivi di raccolta differenziata poi costituisce una deroga -del tutto arbitaria- al dettato normativo esponendo chi vi aderisce a pesanti sanzioni D. Lgs. 152/2006, articolo 205 comma 3.
In merito, anche la Corte Costituzionale si è espressa in modo inequivocabile quando, con la sentenza 158/2012 pubblicata sulla G.U. il 27 giugno scorso, ha ribadito in via definitiva che la potestà di concedere deroghe ai Comuni relativamente agli obiettivi di raccolta differenziata, appartiene unicamente allo Stato e non alle Regioni (vedi ATO poi Comunità d'ambito) che non possono disciplinare unilateralmente in materia.
Come già detto sopra, si sottolinea  la sovrastima della quantità dei rifiuti indifferenziati prevista all’interno del piano interprovinciale, sovrastima già smentita dai dati ufficiali pubblicati dalla Regione Toscana, (fonte ARRR Osservatorio Rifiuti: RU prodotti anno 2010: 942.503 ton.; anno 2011: 888.603 ton) che dimostrano un calo di produzione di circa il 6% in un solo anno. Per gli stessi anni le previsioni del piano interprovinciale fissavano una produzione di RU rispettivamente pari a 927.229 e 937.428 tonnellate, con un incremento annuo di circa 1,1%. La contraddizione tra i dati reali e quelli stimati all’interno del piano è evidente, come scandalosamente evidente è il motivo vero a cui tali previsioni sottendono: la necessità di giustificare la costruzione di un nuovo grande inceneritore a Livorno. Bloccare il piano provinciale smascherandone la falsità dei presupposti significa bloccare la costruzione di un impianto tanto costoso quanto inutile e ambientalmente pericoloso, e la cui tecnologia è, alla luce delle normative vigenti e delle modifiche in corso, ormai senza futuro.
Infatti, tale sovrastima è illogica, dato che la Direttiva 2008/98, recepita dal D. Lgs. 152/2006, prevede una precisa gerarchia nell’organizzazione della gestione dei rifiuti:
a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) e solo per ultimo lo smaltimento. Le priorità all’interno di questa gerarchia sono state ulteriormente definite dal Parlamento Europeo nel mese di aprile u.s., tramite la Relazione per la revisione del programma d'azione in materia di ambiente indirizzata alla Commissione: l'aula chiede alla Commissione europea una migliore applicazione della vigente legislazione comunitaria sui rifiuti ed obiettivi più ambiziosi di prevenzione, riutilizzo e riciclaggio, tra cui un netto decremento della produzione di rifiuti. Tra le richieste del Parlamento spicca inoltre l'introduzione del divieto d’incenerimento dei rifiuti che possono essere riciclati o compostati.
E' chiaro dunque come le indicazioni del piano risultino in contrasto con le buone pratiche richieste e normate dalla Unione Europea.
Ciò vale naturalmente per tutti i Comuni dell’ATO che saranno costretti, “per contratto”, ad alimentare con i loro rifiuti gli impianti di incenerimento, sottraendo, in questo modo, risorse indispensabili per incrementare le R.D. e svolgere le azioni di prevenzione e riduzione dei rifiuti imposte per legge.

Si preannuncia che qualora non fosse recepita la sostanza della volontà emergente dal presente documento, i sottoscritti impugneranno al TAR le delibere relative.

04/12/2012

Medicina Democratica Livorno, Pisa e Lucca
Comitato Beni Comuni Val di Cecina