martedì 10 settembre 2013

Cambiare nome, ma soprattutto ambientalizzare la vecchia fabbrica

Pubblichiamo un contributo di Maurizio Marchi:
 
C’è un “non detto” nel dibattito sul cambio del nome di Rosignano: la scandalosità degli scarichi in mare di Solvay e la pur tardiva incriminazione da parte della magistratura di 5 dirigenti della multinazionale. Incriminazione innescata, checché se ne dica, dall’esposto di Medicina democratica del 28.5.2008, seguito da numerosi aggiornamenti.
Incriminazione che si concluderà, nonostante il clamore suscitato, con un “poco di fatto”: ben che vada il “piano milionario” e comunque colpevolmente tardivo di Solvay consisterà prevedibilmente nel ridurre a 60.000 tonnellate l’anno gli scarichi a mare, obiettivo inaccettabile e peraltro già dovuto entro il 2007. Inaccettabile perché incontrollabile e soprattutto perché non permetterà di raggiungere la qualifica di qualità “buono” per il mare entro il 2015, come prevede la legge. Potrebbe riprodursi un nuovo caso Ilva, nonostante o a causa dei servigi di tutta la schiera di amministratori da decenni. La fossa ce l’hanno già scavata con l’omertà, le minimizzazioni, l’ipocrisia, visibili anche in questi giorni di dibattito speciale, che pure esprime un confuso bisogno di cambiare.

Come scrive il Rapporto Cheli-Luzzati dell’Università di Pisa fin dal 2010, inascoltato, Solvay si è ridotta a dare tra l’1 e il 2% del reddito sul territorio (da Rosignano, a Volterra, a San Vincenzo), tra il 2 e il 4% dell’occupazione, e consuma il 48% dell’acqua dolce della Val di Cecina. In più nel 2012 ha prosciugato completamente il lago di Santa Luce.

L’emergenza acqua creata da Solvay è l’altra gravissima emergenza che affonda il turismo da Castiglioncello a Volterra, dalla quale si esce non con mezze misure, ma solo con un dissalatore da cui Solvay ricavi acqua e sale: si può fare, basta investire, anziché scaricare i propri costi sulla popolazione.

Un’ultima annotazione storica: il PAESE NOVO, l’attuale Rosignano sul mare, si creò intorno alla ferrovia Roma-Pisa e ai suoi lunghi lavori negli anni 1905-10. Il mio bisnonno Colombo Conforti, il “primo cittadino” di questa borgata, costruì una delle prime case sull’Aurelia, poi una seconda dove ora – soprelevata - c’è l’Hotel Rosignano. La Solvay arrivò dopo, proprio attratta dalla nuova ferrovia, oltre che dalla presenza delle materie prime (sale e pietra calcarea), dopo essere stata rifiutata da Cecina.

Infine le case, il teatro e le altre opere sociali – presenti peraltro in quasi tutti i siti Solvay anche all’estero – facevano parte di una politica sociale volta alla ricerca del consenso dei lavoratori, impegnati in fabbricazioni delicate e strategiche, pensiamo al cloro ed ai suoi vecchi impieghi anche militari. La lungimiranza paternalistica ha avuto spazio finchè i profitti erano altissimi, oggi resta solo la brutalità di un impatto insopportabile. Ambientalizzare la vecchia fabbrica è un dovere imperativo, prima nei confronti dei lavoratori, che altrimenti non avrebbero prospettive, poi della popolazione e dell’altra economia, da tempo maggioritaria.


Maurizio Marchi

Medicina Democratica Livorno
www.medicinademocraticalivorno.it

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