mercoledì 11 settembre 2013

Le “larghe intese” di Solvay

E così Solvay ha parlato. Venerdì 30 Agosto, alla Festa del PD a Rosignano Marittimo, l’Ing. Papavero, nuovo direttore dello stabilimento Solvay di Rosignano ha indicato le linee di programma per Solvay per i prossimi anni. Tutto ruota attorno alla diminuzione della capacità produttiva della sodiera da 900.000 a 650.000 ton/anno. Un processo di ristrutturazione impegnativo per far fronte soprattutto alla diminuzione dei consumi interni dovuta alla contrazione delle richieste nel settore del vetro (edilizia, automobili) e della fabbricazione di detersivi che costituiscono i principali sbocchi della produzione di Rosignano. I maggiori risparmi ed i recuperi di competitività avverranno soprattutto grazie alla diminuzione dei costi della manodopera con una grossa operazione di riorganizzazione interna ed una diminuzione del personale impiegato. In questa operazione Solvay, come ha fatto fino ad ora, si impegna ad evitare, se possibile, il ricorso alla cassa integrazione e a gestire la diminuzione del personale nel modo meno traumatico possibile. Ma non ci sono alternative né spazi di contrattazione con nessuno. Solvay non vuole interferenze: “fa e gestisce il proprio destino in prima persona”.

Gli interlocutori sono avvertiti. Il “gioco di squadra” invocato dal Sindaco Franchi , le prospettive di un “Parco tecnologico Solvay” ed il varo di un “Progetto Integrato di Sviluppo per la Chimica” presentati dall’assessore Simoncini dovranno allinearsi alle strategie di Solvay ed alle modalità con le quali intende affrontare le quattro criticità rappresentate dai problemi negli approvvigionamenti di acqua e sale, dal problema degli scarichi a mare e dai costi energetici richiesti da uno stabilimento definito “energivoro”. Solvay vuole “capire se il territorio ancora crede alle capacità di Solvay” e se è disponibile a “voler fare” le cose che Solvay dice che bisogna fare.

Di fronte a queste posizioni gli interlocutori non hanno sostanzialmente presentato ipotesi realmente alternative. Comune e Regione si sono trincerati dietro le imposizioni del “patto di stabilità” anche se Simoncini ha ribadito il suo impegno ad utilizzare al meglio i fondi del Piano Strutturale Europeo, ma non sono entrati nel merito delle questioni sollevate dall’ing Papavero. Anche il sindacato non è andato aldilà di affermazioni di disponibilità a collaborare con l’azienda limitandosi a chiedere informazioni più dettagliate sui piani ed i progetti di Solvay.

Tutto questo per mettere Solvay in condizione di affrontare i prossimi tre – cinque anni , ma con prospettive comunque incerte sul futuro. Solvay non crede alla ripresa. Oggi la sopravvivenza dello stabilimento di Rosignano è stata pagata dalla chiusura dello stabilimento in Portogallo, ma a chi toccherà la prossima volta? E a che prezzo si ottiene questa “tregua”, questa specie di “larghe intese” a livello locale?

E di cose da discutere ce ne sarebbero state.

A partire dalla questione del rigassificatore e del “Progetto Rosignano” che comunque non è stata risolta ed è ancora lì che pesa sul territorio. Su questo occorre chiedere di arrivare ad un atto finale e definitivo. La rinuncia ufficiale da parte dei proponenti (Edison – Solvay) o la dichiarazione di decadenza dell’autorizzazione VIA da parte del Ministero. (Qualcosa di simile è stato fatto per uno dei progetti di Trieste). Invece nei documenti e nei Piani Energetici di Regione e Provincia continuano le posizioni equivoche, che dicono e non dicono e lasciano aperte tutte le strade. Questo non va bene, caro Simoncini.

Anche perché quella del rigassificatore era (è?) una risposta sbagliata ad un’esigenza che però è reale. Cioè la necessità di innestare nel corpo vecchio dello stabilimento di Rosignano tecnologie e processi nuovi, capaci di ridare linfa e vitalità all’insediamento industriale. Anche con l’apertura a nuovi protagonisti. Cioè a far decollare quella logica di “Parco Industriale” di cui ha tentato timidamente di parlare anche il Sindaco Franchi.

Ci sono necessità sul territorio, pensiamo alla vicenda di ECOMAR, e opportunità industriali quali quelle legate alla “chimica verde” che varrebbe la pena approfondire seriamente. Anche per l’opportunità di aprire a protagonisti Italiani in settori dove esistono posizioni di leadership. Non tutti pensano, come Unilever, che non sia possibile “fare impresa in Italia”.

L’apertura all’innovazione vale anche per il processo della Soda. A partire dalla questione del dissalatore. La discussione sul dissalatore è stata liquidata con uno studio dell’Università di Pisa in cui si è concluso che la produzione di acqua mediante processo di dissalazione dal mare non era economica rispetto a continuare ad usare l’acqua del Cecina e delle falde della zona. Con un particolare. Che l’impianto era destinato a lavorare solo quattro mesi su dodici e che la salamoia ottenuta sarebbe stata ributtata a mare. Come fare il brodo e buttare via il bollito! Se si pensa che l’acqua del Cecina è utilizzata essenzialmente per produrre la salamoia si può ben capire che forse ci sono delle questioni che andrebbero studiate più a fondo. Ora, nessuno ha la pretesa di voler insegnare a Solvay come si fa la Soda, ma il dovere delle istituzioni che rappresentano i cittadini è quello di mettersi in grado di verificare puntualmente le affermazioni di un soggetto privato specie dove ci sono così grossi impatti sul territorio.

E, a proposito di verifiche, visto che la soda si può fare anche per carbonatazione della soda caustica ottenuta con il processo a membrana, forse non sarebbe fuori luogo un lavoro di indagine più approfondito e l’elaborazione di un eventuale processo alternativo all’attuale.

Lavoriamo Simoncini, diamoci da fare. Altro che “Larghe intese” !
 
Rosignano 2/9/2013


Monica Ciucchi
Augusto Menconi

Comitato per il No al Rigassificatore a Rosignano

Nessun commento:

Posta un commento