venerdì 27 luglio 2012

Quando, Solvay, sarà come Taranto ?


A Taranto siamo arrivati al dunque: la magistratura non ha più potuto ignorare i decenni di massacro del territorio e di vite umane provocati dall'Ilva, a chiara dimostrazione di come non dovrebbe essere gestito uno stabilimento industriale. Lo studio epidemiologico non lascia spazio a dubbi mentre gli operai scendono in piazza in difesa del loro posto di lavoro. Adesso, per quelle famiglie, si prospetta un lungo periodo di ulteriore miseria e dolore.

Impariamo da tutto ciò ed agiamo. Non aspettiamo ancora, anche qui da noi, che si arrivi all'irreparabile e cominciamo a realizzare le opere e le bonifiche necessarie all'ambientalizzazione di Solvay. Pensiamo seriamente al futuro dei “nostri” lavoratori - quelli attuali e, speriamo, quelli di domani - insieme al bene del nostro territorio, perché siamo consapevoli che la magistratura non possiede strumenti adatti a realizzare quei cambiamenti radicali, oramai sempre più necessari ed auspicabili.

In una delle più belle regioni d'Italia, anni di criminale silenzio da parte delle istituzioni e degli organi che dovevano tutelare l'ambiente e la salute dei cittadini, non potevano che portare ad un risultato del genere: da una parte gli operai che giustamente pretendono un lavoro sicuro e dall'altra le esigenze imprescindibili della società tutta, che chiede salute e un ambiente salubre.

Ma queste due esigenze sono cosi contrapposte?
Sì, se ragioniamo in ottica neoliberista, capitalista e neocoloniale... 

Non sarebbe invece opportuno ripensare i cicli produttivi e dismettere quelle produzioni altamente inquinanti che stanno in piedi solo per la volontà di qualche multinazionale?

Taranto sta proprio lì a dircelo: un'altra Ilva, non ce la possiamo permettere.






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