domenica 22 settembre 2013

SVILUPPIAMO LA MOBILITAZIONE NEI TERRITORI PER LA RIAPPROPRIAZIONE DEI BENI COMUNI - ADERIAMO ALL'APPELLO DELL'ASSEMBLEA MONTE AMIATA

12 ottobre, giornata di mobilitazione nazionale
In difesa dei territori e dei beni comuni, contro vecchi e nuovi colonialismi
 
“Il 12 ottobre 1492 l'America scoprì il capitalismo..."
(E.Galeano)
 
Siamo donne e uomini che si oppongono quotidianamente al saccheggio sistematico dei nostri territori e dei beni comuni, alla vorace produzione di profitti su beni e risorse che appartengono a tutti e sono fondamentali per le nostre vite, alla continuativa espropriazione della ricchezza collettiva a favore dei mercati e degli interessi del capitalismo neoliberista.
 
Ma affermando i nostri no, affermiamo nuovi e diversi si.
Lo facciamo praticando una nuova partecipazione e ambiti di democrazia diretta, immaginando territori sostenibili nelle loro produzioni e consumi, realizzando una nuova cooperazione sociale, impegnandoci collettivamente alla costruzione delle dinamiche del comune.
 
Su questa base, l’assemblea conclusiva del campeggio del monte Amiata ha indicato una settimana di mobilitazione comune che si aprirà il 12 ottobre, in connessione diretta con le lotte di oltreoceano, a partire da quella contro la diga di Quimbo in Colombia, con azioni diffuse in tutti i territori, che avverranno in maniera coordinata ed in una cornice comunicativa comune e si concluderà il 19 ottobre con una manifestazione nazionale promossa dai movimenti per il diritto all’abitare. 
La settimana di mobilitazione comprende anche lo sciopero dei lavoratori indetta dai sindacati di base per il 18 ottobre.
Il 12 ottobre è la conquista dell'America e, simbolicamente, rappresenta l'ultimo giorno di libertà per le popolazioni indigene e native, l'inizio della colonizzazione del continente Americano.
Qui da noi le mobilitazioni territoriali del 12 ottobre vogliono essere un momento di costruzione dei nessi e di piattaforme dei soggetti che si battono per la difesa dei beni comuni, contro la logica delle privatizzazione dei servizi pubblici che il governo intende riproporre e per affermare un’idea alternativa di gestione pubblica partecipata e di autogoverno degli stessi.
 
I processi di sfruttamento, privatizzazione e speculazione in atto sui nostri territori mirano infatti ad erigere nuove palizzate intorno ai beni comuni, nuove enclosures. Meccanismi di accumulazione del profitto sostenuti e favoriti da sospensioni continue dello stato di diritto, in cui l'ordine pubblico diviene, in alcuni casi, uno stato di militarizzazione e repressione.
 
Proponiamo a tutti/e di attivarsi nei singoli territori, costruendo nessi tra i diversi comitati ed attivando, per la giornata del 12 Ottobre, una grande mobilitazione in tutta Italia che possa rappresentare il primo passo comune e l'affermazione di un'alterità possibile.
I campeggi e le iniziative di lotta che attraverseranno nell’estate tutta la penisola possono rappresentare un ulteriore momento di confronto per affinare le modalità di costruzione delle mobilitazioni.
 
Loro sono un presente di sfruttamento.
Noi siamo un futuro di dignità.
 
 
 
Assemblea Monte Amiata 14/07/2013

mercoledì 11 settembre 2013

Le “larghe intese” di Solvay

E così Solvay ha parlato. Venerdì 30 Agosto, alla Festa del PD a Rosignano Marittimo, l’Ing. Papavero, nuovo direttore dello stabilimento Solvay di Rosignano ha indicato le linee di programma per Solvay per i prossimi anni. Tutto ruota attorno alla diminuzione della capacità produttiva della sodiera da 900.000 a 650.000 ton/anno. Un processo di ristrutturazione impegnativo per far fronte soprattutto alla diminuzione dei consumi interni dovuta alla contrazione delle richieste nel settore del vetro (edilizia, automobili) e della fabbricazione di detersivi che costituiscono i principali sbocchi della produzione di Rosignano. I maggiori risparmi ed i recuperi di competitività avverranno soprattutto grazie alla diminuzione dei costi della manodopera con una grossa operazione di riorganizzazione interna ed una diminuzione del personale impiegato. In questa operazione Solvay, come ha fatto fino ad ora, si impegna ad evitare, se possibile, il ricorso alla cassa integrazione e a gestire la diminuzione del personale nel modo meno traumatico possibile. Ma non ci sono alternative né spazi di contrattazione con nessuno. Solvay non vuole interferenze: “fa e gestisce il proprio destino in prima persona”.

Gli interlocutori sono avvertiti. Il “gioco di squadra” invocato dal Sindaco Franchi , le prospettive di un “Parco tecnologico Solvay” ed il varo di un “Progetto Integrato di Sviluppo per la Chimica” presentati dall’assessore Simoncini dovranno allinearsi alle strategie di Solvay ed alle modalità con le quali intende affrontare le quattro criticità rappresentate dai problemi negli approvvigionamenti di acqua e sale, dal problema degli scarichi a mare e dai costi energetici richiesti da uno stabilimento definito “energivoro”. Solvay vuole “capire se il territorio ancora crede alle capacità di Solvay” e se è disponibile a “voler fare” le cose che Solvay dice che bisogna fare.

Di fronte a queste posizioni gli interlocutori non hanno sostanzialmente presentato ipotesi realmente alternative. Comune e Regione si sono trincerati dietro le imposizioni del “patto di stabilità” anche se Simoncini ha ribadito il suo impegno ad utilizzare al meglio i fondi del Piano Strutturale Europeo, ma non sono entrati nel merito delle questioni sollevate dall’ing Papavero. Anche il sindacato non è andato aldilà di affermazioni di disponibilità a collaborare con l’azienda limitandosi a chiedere informazioni più dettagliate sui piani ed i progetti di Solvay.

Tutto questo per mettere Solvay in condizione di affrontare i prossimi tre – cinque anni , ma con prospettive comunque incerte sul futuro. Solvay non crede alla ripresa. Oggi la sopravvivenza dello stabilimento di Rosignano è stata pagata dalla chiusura dello stabilimento in Portogallo, ma a chi toccherà la prossima volta? E a che prezzo si ottiene questa “tregua”, questa specie di “larghe intese” a livello locale?

E di cose da discutere ce ne sarebbero state.

A partire dalla questione del rigassificatore e del “Progetto Rosignano” che comunque non è stata risolta ed è ancora lì che pesa sul territorio. Su questo occorre chiedere di arrivare ad un atto finale e definitivo. La rinuncia ufficiale da parte dei proponenti (Edison – Solvay) o la dichiarazione di decadenza dell’autorizzazione VIA da parte del Ministero. (Qualcosa di simile è stato fatto per uno dei progetti di Trieste). Invece nei documenti e nei Piani Energetici di Regione e Provincia continuano le posizioni equivoche, che dicono e non dicono e lasciano aperte tutte le strade. Questo non va bene, caro Simoncini.

Anche perché quella del rigassificatore era (è?) una risposta sbagliata ad un’esigenza che però è reale. Cioè la necessità di innestare nel corpo vecchio dello stabilimento di Rosignano tecnologie e processi nuovi, capaci di ridare linfa e vitalità all’insediamento industriale. Anche con l’apertura a nuovi protagonisti. Cioè a far decollare quella logica di “Parco Industriale” di cui ha tentato timidamente di parlare anche il Sindaco Franchi.

Ci sono necessità sul territorio, pensiamo alla vicenda di ECOMAR, e opportunità industriali quali quelle legate alla “chimica verde” che varrebbe la pena approfondire seriamente. Anche per l’opportunità di aprire a protagonisti Italiani in settori dove esistono posizioni di leadership. Non tutti pensano, come Unilever, che non sia possibile “fare impresa in Italia”.

L’apertura all’innovazione vale anche per il processo della Soda. A partire dalla questione del dissalatore. La discussione sul dissalatore è stata liquidata con uno studio dell’Università di Pisa in cui si è concluso che la produzione di acqua mediante processo di dissalazione dal mare non era economica rispetto a continuare ad usare l’acqua del Cecina e delle falde della zona. Con un particolare. Che l’impianto era destinato a lavorare solo quattro mesi su dodici e che la salamoia ottenuta sarebbe stata ributtata a mare. Come fare il brodo e buttare via il bollito! Se si pensa che l’acqua del Cecina è utilizzata essenzialmente per produrre la salamoia si può ben capire che forse ci sono delle questioni che andrebbero studiate più a fondo. Ora, nessuno ha la pretesa di voler insegnare a Solvay come si fa la Soda, ma il dovere delle istituzioni che rappresentano i cittadini è quello di mettersi in grado di verificare puntualmente le affermazioni di un soggetto privato specie dove ci sono così grossi impatti sul territorio.

E, a proposito di verifiche, visto che la soda si può fare anche per carbonatazione della soda caustica ottenuta con il processo a membrana, forse non sarebbe fuori luogo un lavoro di indagine più approfondito e l’elaborazione di un eventuale processo alternativo all’attuale.

Lavoriamo Simoncini, diamoci da fare. Altro che “Larghe intese” !
 
Rosignano 2/9/2013


Monica Ciucchi
Augusto Menconi

Comitato per il No al Rigassificatore a Rosignano

martedì 10 settembre 2013

Cambiare nome, ma soprattutto ambientalizzare la vecchia fabbrica

Pubblichiamo un contributo di Maurizio Marchi:
 
C’è un “non detto” nel dibattito sul cambio del nome di Rosignano: la scandalosità degli scarichi in mare di Solvay e la pur tardiva incriminazione da parte della magistratura di 5 dirigenti della multinazionale. Incriminazione innescata, checché se ne dica, dall’esposto di Medicina democratica del 28.5.2008, seguito da numerosi aggiornamenti.
Incriminazione che si concluderà, nonostante il clamore suscitato, con un “poco di fatto”: ben che vada il “piano milionario” e comunque colpevolmente tardivo di Solvay consisterà prevedibilmente nel ridurre a 60.000 tonnellate l’anno gli scarichi a mare, obiettivo inaccettabile e peraltro già dovuto entro il 2007. Inaccettabile perché incontrollabile e soprattutto perché non permetterà di raggiungere la qualifica di qualità “buono” per il mare entro il 2015, come prevede la legge. Potrebbe riprodursi un nuovo caso Ilva, nonostante o a causa dei servigi di tutta la schiera di amministratori da decenni. La fossa ce l’hanno già scavata con l’omertà, le minimizzazioni, l’ipocrisia, visibili anche in questi giorni di dibattito speciale, che pure esprime un confuso bisogno di cambiare.

Come scrive il Rapporto Cheli-Luzzati dell’Università di Pisa fin dal 2010, inascoltato, Solvay si è ridotta a dare tra l’1 e il 2% del reddito sul territorio (da Rosignano, a Volterra, a San Vincenzo), tra il 2 e il 4% dell’occupazione, e consuma il 48% dell’acqua dolce della Val di Cecina. In più nel 2012 ha prosciugato completamente il lago di Santa Luce.

L’emergenza acqua creata da Solvay è l’altra gravissima emergenza che affonda il turismo da Castiglioncello a Volterra, dalla quale si esce non con mezze misure, ma solo con un dissalatore da cui Solvay ricavi acqua e sale: si può fare, basta investire, anziché scaricare i propri costi sulla popolazione.

Un’ultima annotazione storica: il PAESE NOVO, l’attuale Rosignano sul mare, si creò intorno alla ferrovia Roma-Pisa e ai suoi lunghi lavori negli anni 1905-10. Il mio bisnonno Colombo Conforti, il “primo cittadino” di questa borgata, costruì una delle prime case sull’Aurelia, poi una seconda dove ora – soprelevata - c’è l’Hotel Rosignano. La Solvay arrivò dopo, proprio attratta dalla nuova ferrovia, oltre che dalla presenza delle materie prime (sale e pietra calcarea), dopo essere stata rifiutata da Cecina.

Infine le case, il teatro e le altre opere sociali – presenti peraltro in quasi tutti i siti Solvay anche all’estero – facevano parte di una politica sociale volta alla ricerca del consenso dei lavoratori, impegnati in fabbricazioni delicate e strategiche, pensiamo al cloro ed ai suoi vecchi impieghi anche militari. La lungimiranza paternalistica ha avuto spazio finchè i profitti erano altissimi, oggi resta solo la brutalità di un impatto insopportabile. Ambientalizzare la vecchia fabbrica è un dovere imperativo, prima nei confronti dei lavoratori, che altrimenti non avrebbero prospettive, poi della popolazione e dell’altra economia, da tempo maggioritaria.


Maurizio Marchi

Medicina Democratica Livorno
www.medicinademocraticalivorno.it

mercoledì 31 luglio 2013

ROSIGNANO SOLVAY O MARINA??????

Comunicato stampa

Leggiamo su Il Tirreno di domenica 27 luglio che il sig Tarchi (CGIL) ironizza con gli albergatori e i commercianti Solvay, che sulla spinta degli ultimi eventi (condanna Solvay per scarichi tossici in mare) vorrebbero cambiare il “cognome” della propria città per non perdere turisti o attirarne di più.
Il signor Tarchi non è convinto … anche se sa bene che Solvay è destinata a chiudere i battenti: le materie prime su cui si basa parte della produzione sono infatti destinate ad esaurirsi proprio grazie all’intenso sfruttamento che ne fa la fabbrica: acqua e sale nel giro di pochi anni non ci saranno più. Nel conto va messo tutto: sfruttamento dei lavoratori (che sono sempre meno e buona parte sono di ditte in appalto e “soci” di cooperative che lavorano a pessime condizioni – e questo il sig Tarchi lo sa bene!) e sfruttamento del territorio e delle sue risorse.
Rinnegare la storia non è giusto, ma soprattutto non serve!
Quel che i commercianti, gli albergatori e tutti i solvaini devono chiedere e pretendere è innanzitutto la bonifica dei loro luoghi prima che Solvay faccia le valigie lasciando un’eredità scomoda e “irrinunciabile” a chi abita e frequenta questo territorio. Così come tutti i lavoratori devono lottare affinchè vengano promossi piani industriali
o di promozione turistica che garantiscano un lavoro utile e dignitoso per tutti.
Anche le amministrazioni locali e regionali non possono più assistere passivamente: è più che mai urgente e indispensabile rivendicare in tutti i modi un piano che si basi sullo sganciamento progressivo ed accelerato dalle saline del Volterrano, la costruzione di un dissalatore da cui ricavare acqua e sale per la lavorazione dell’industria, la messa in sicurezza della filiera dell’etilene (spostamento del vecchio ed insicuro bombolone), le bonifiche in tutta l’area Solvay (vedi http://benicomunivaldicecina.blogspot.it/2013/05/solvay-un-piano-industriale-serio-per-i.html)
Se il signor Tarchi è veramente per la difesa dei diritti dei lavoratori e dei posti di lavoro, come dichiara, deve smetterla di fomentare contrapposizioni dove non ci sono, deve preoccuparsi di trovare soluzioni che rispettino tutti i lavoratori (della fabbrica e del turismo), le condizioni di lavoro e i luoghi in cui lavorano. Non è un impresa impossibile, si tratta solo di decidere da che parte stare: dalla parte di chi lavora o del profitto della multinazionale?

martedì 30 luglio 2013

RICEVIAMO, SOTTOSCRIVIAMO E PUBBLICHIAMO: APPELLO IN SOLIDARIETà A MARTA CAMPOSANO

Come donne abbiamo preparato un appello in solidarietà a Marta Camposano, donna pisana aggredita e molestata dalle forze dell'ordine venerdì 19 luglio in Val Susa e poi ancora umiliata, violata e denigrata da un sindacato di polizia, da giornalisti e da un senatore della Repubblica.
Ve lo inviamo chiedendo di sottoscriverlo sia personalmente che collettivamente per esigere giustizia e fare sentire a Marta che non è sola ad affrontare l'arroganza di chi pensa di poterla continuare a offendere con tutto il potere personale e mediatico di cui dispone.
Fatevi sentire, il silenzio è assordante. Marta ha bisogno di noi, adesso. Se non ora, quando?
Marta Calamia, Valeria Camilloni, Monica Moretto

Per adesioni: monicamoretto1@virgilio.it
pagina Facebook http://on.fb.me/1bFrSSu


Con Marta, donna No Tav.
Nella notte di venerdì 19 luglio, centinaia di uomini e donne No Tav cercano di avvicinarsi alle recinzioni che espropriano una parte della Val Susa: terra di boschi e lavande, terra che dovrebbe dare frutti, terra che uomini e donne hanno vissuto e rispettato. Terra di lotte partigiane, sentieri che hanno visto combattere, e vincere, contro i nazisti. Ma quella terra ora è deserto, ruspe che scavano e abbattono, recinti e check point, gas che avvelenano, con le popolazioni civili, i loro campi e le loro vigne.
Una terra strappata al presente in nome di un “progresso” che avvelena le vite delle donne e degli uomini, impegnato a distruggere i valori e la dignità delle comunità. Un salto indietro nella storia.
Venerdì 19 luglio uomini e donne No Tav si avvicinano nel buio per battere sulle reti e gridare: “mia nonna partigiana me l’ha insegnato, tagliare le reti non è reato”.
Qualcosa è accaduto, venerdì notte, in Val Susa. Centinaia di agenti, esercito armato e attrezzato per la guerra, hanno assalito quegli uomini e quelle donne armati di torce e limoni e bottiglie d’acqua. Hanno chiuso loro ogni via d’uscita e, novella Diaz, hanno operato una mattanza. I più giovani, come testimoniano gli anziani della valle, hanno cercato di proteggere una via d’uscita ai più deboli, consentendoli di arrampicarsi sulla montagna, fuori dai sentieri chiusi dalle “forze dell’ordine”. Hanno pagato un prezzo altissimo, 63 feriti, 2 fermati, 7 arrestati.
Una nostra amica, Marta, 33 anni, pisana, viene fermata, colpita alle spalle durante la fuga. La sua testimonianza racconta le manganellate alla schiena mentre è schiacciata per terra dagli scarponi di agenti di cui non riesce neanche a vedere il volto. La notte è satura di gas e lei non è protetta da maschere, a differenza degli agenti. La trascinano in due, uno le stringe il collo, dell’altro restano sul suo braccio le impronte livide della stretta. La trascinano mentre altri intervengono. Uno alza il manganello e le spacca la bocca (6 punti esterni, 2 interni), altri le palpeggiano il seno e il pube. E’ un coro di insulti, un gridare “puttana”. Sanguinante la portano dentro il cantiere, gli insulti e gli sputi continuano, ci sono i magistrati e anche una donna poliziotto che non porta conforto ma altri sputi e insulti e molestie verbali.
Un medico di polizia raccomanda il ricovero immediato in Pronto Soccorso. Passeranno quattro ore. Quattro ore di sangue sul volto e sputi e insulti al suo essere donna.
Dal Pronto Soccorso la rilasceranno indagata a piede libero. Non è il caso di farla vedere a un giudice.
Ma la Diaz di Marta non è finita. Non è bastato il pestaggio, non sono bastate le violazioni al suo corpo di donna, non sono stati sufficiente “lezione” gli insulti e gli sputi e il ritardo nei soccorsi.
Marta non è stata zitta. Ha alzato la faccia ferita, è andata davanti alla stampa e ha osato raccontare.
Lei, l’unica dei fermati di quella notte d’inferno che poteva parlare.
E allora la caccia alle streghe riparte. Come donne conosciamo i toni e i modi e la violenza profonda di chi ti umilia e viola e insulta un’altra volta. Ed ecco spuntare l’UGL, sindacato di destra, a chiedere per Marta punizioni esemplari. Ed ecco un senatore della Repubblica, Stefano Esposito, Partito Democratico, divertirsi a twittare che Marta è bugiarda, che le manganellate giuste che ha preso se l’è cercate con la sua “guerra allo Stato” e che certo nessuna molestia c’è stata. Una follia di machismo, una banale arcaica prepotenza sulle donne umiliate e su Marta violata che si permette ancora di ribadire, dalle frequenze di una radio nazionale.
Come donne non possiamo tacere. Non possiamo tollerare che la terra, gli uomini e le donne continuino ad essere violati. Non possiamo più sopportare che la vita e i bisogni di tutte e di tutti siano travolti dall’arroganza dei pochi che su questo possono lucrare. Un arroganza che si crede onnipotente, che pensa di poter travolgere i corpi e le vite delle donne e degli uomini, con la violenza delle armi, prima, con quella degli insulti e della denigrazione e delle menzogne, poi.
Per Marta e i feriti della Val Susa esigiamo giustizia.
Per le donne violate esigiamo rispetto. Se il carnefice è pagato dallo Stato ne esigiamo di più.

Donne della Pisa No Tav

domenica 21 luglio 2013

MANIFESTAZIONE ALLE SPIAGGE BIANCHE - 21 LUGLIO 2013

Oggi lungo il litorale di Rosignano Solvay, affollatissimo di turisti ignari, si è svolta la manifestazione di denuncia e informazione sulla reale composizione tossica della più famosa spiaggia caraibica toscana: una discarica industriale a cielo aperto “tollerata” dalle autorità locali che si guardano bene dal far rispettare l’accordo di programma del 2003 permettendo che vengano ancora sversati in mare almeno 120 mila tonnellate l’anno di scarichi bianchi, il doppio di quanto concordato, e quel che è più grave trasportano il doppio di arsenico, il doppio di mercurio, il doppio di cadmio, di cromo, di piombo, di nichel, di zinco ecc. che i bagnanti, non adeguatamente informati, si cospargono su tutto il corpo.
C’è giunta voce che i sindacati Solvay avrebbero voluto inscenare una
contromanifestazione: ebbene non lasciatevi strumentalizzare dal ricatto o lavoro o salute o l’ambiente, o morire di fame o morire avvelenato o devastare il territorio: le soluzioni ci sono! Si tratta di riprendere in mano il nostro futuro e lottare per un nuovo modello di sviluppo che sia contemporaneamente corrispondente alle esigenze della collettività, democratico, ecocompatibile, adeguato alle forze produttive materiali e intellettuali oggi esistenti, creatore di buona occupazione. In questo senso la proposta di piano industriale che abbiamo presentato qualche mese fa e che mette al centro la sicurezza dei lavoratori e lo sviluppo di buona occupazione e comprende la costruzione di un grande dissalatore di acqua di mare dal quale si ricavi sale ed acqua necessari allo stabilimento; il riutilizzo degli attuali scarichi solidi a mare per arginature ed altre sistemazioni ambientali, se compatibili, o da smaltire in discarica autorizzata; il recupero e la valorizzazione del mercurio sversato in mare negli anni scorsi.










lunedì 15 luglio 2013

DALLA PARTE DEI COLIFORMI

 Solvay, un secolo di scarichi tossici in mare.  ORA BASTA!


Dalla parte dei coliformi
 

MANIFESTAZIONE DOMENICA 21 LUGLIO
Ritrovo alla stazione FS di Rosignano ore 9,30, corteo fino al FOSSO BIANCO,  QUI ASSEMBLEA PER INFORMARE I CITTADINI SULLA NOCIVITA’ DELLE SPIAGGE BIANCHE.
Il comune di Rosignano Marittimo, forse pensando di fare un buon servizio a qualcuno, compra (compra materialmente, 4.885 euro IVA compresa nel 2003) la Bandiera Blu per Vada e Castiglioncello, assegnata dalla “Fondazione per l’educazione ambientale”, in virtù soprattutto dell’assenza in mare di coliformi fecali.
Peccato che l’ONU, inconsapevolmente a rovinare la festa, confermi che la zona di Rosignano è uno dei 15 luoghi costieri più inquinati d’Italia dagli scarichi industriali, e che mercurio e arsenico scaricati dalla Solvay si trovino in alte concentrazioni fino ad Antignano (periferia di Livorno) (*) !!Poveri coliformi, sterminati dalla soda, dal cloro, dall’ammoniaca, dal mercurio e dall’arsenico !
Con loro vengono storditi anche il buon senso e la salute della gente, coperti da un pietoso velo blu….
A questo punto non crediamo più che si tratti di chiedere agli amministratori locali o regionali di fare gli interessi della collettività: è evidente che stanno dall’altra parte e lo hanno ampiamente dimostrato! E' necessario invece mobilitarsi, riprendere in mano il nostro futuro e lottare per un nuovo modello di sviluppo che sia contemporaneamente corrispondente alle esigenze della collettività, democratico, ecocompatibile, adeguato alle forze produttive materiali e intellettuali oggi esistenti, creatore di buona occupazione
Promuovono e aderiscono all’iniziativa
Comitato Beni Comuni Val di Cecina, Medicina Democratica, PCARC, Movimento 5 Stelle Cecina e Rosignano, IPC Riparbella, PCL, Anarchici Solidali, SOS Geotermia (Coordinamento dei Movimenti per l'Amiata)
 
SPIAGGE BIANCHE: UNA DISCARICA INDUSTRIALE
Solvay scarica in mare, in deroga ai limiti della legge Merli (1976), gli scarichi bianchi, che trasportano - secondo l’ultima dichiarazione Solvay al Ministero dell’ambiente - 1.449 kg di arsenico e composti, 91 Kg di cadmio e composti, 1.540 kg di cromo e composti, 1.868 kg di rame e composti, 71 kg di mercurio e composti, 1.766 kg di nichel e composti, 3.218 kg di piombo e composti, 15.049 kg di zinco e composti, 145 kg di diclorometano, 3 kg di tetraclorometano, 73 kg di triclorometano, 350 kg di fenoli, 327 kg di fosforo, 5,5 tonnellate di azoto, e addirittura 717.000 tonnellate di cloruri.
Negli anni ’70 il comune di Rosignano “le venne incontro”, scaricando nel fosso bianco le proprie fogne, raffreddandolo e diluendolo. Non bastava. Dagli anni ’90 ASA scarica i reflui del depuratore nel solito fosso bianco, poi anche quelli del depuratore Aretusa, che Solvay periodicamente non preleva e non riutilizza come concordato, con dispersione in mare di schiume nauseabonde.
Nel 2003 con la regìa del ministro Altero Matteoli si stipulava un accordo di programma che prevedeva, tra l’altro, di ridurre gli scarichi bianchi da 200mila tonnellate/anno a 60 mila entro il 2007. Tutte le tappe intermedie di riduzione (2004-2006) furono fallite, ma la Regione erogava ugualmente 30 milioni di euro pubblici a Solvay “a stato di avanzamento lavori”. Insomma, la Regione sapeva dell’inadempienza Solvay, ma pagava lo stesso. Qualunque persona onesta penserebbe ad una truffa combinata ai danni dello Stato.
Oggi gli scarichi bianchi sono ancora almeno 120 mila tonnellate l’anno, il doppio di quanto concordato nel famoso accordo del 2003, e quel che è più grave trasportano il doppio di arsenico, il doppio di mercurio, il doppio di cadmio, di cromo, di piombo, di nichel, di zinco ecc di quanti ne avrebbero “dovuto” trasportare in mare.
Di quali “limiti rispettati” parlano i nostri amministratori ? di quale non pericolosità parla il sindaco di Rosignano ? Che dovrebbe sapere che i metalli pesanti si accumulano nell’ambiente, e che l’accumulo ormai secolare di metalli pesanti, colpisce in sinergia tossica, moltiplicando i danni alla salute.
A giugno 2013 scende finalmente in campo anche la Magistratura, ma si prospettano piccole multe per 4 dirigenti Solvay e un piano di riduzione degli scarichi che avrebbe  dovuto essere realizzato già 6 anni fa.
Quest’anno è saltato lo scandaloso “Circo nero” alle spiagge bianche, ma la truffa e la nocività continuano.
 
Siamo chiaramente in una situazione d'emergenza e pertanto vanno presi altrettanti urgenti provvedimenti quali:
  •     chiudere  subito gli scarichi  a  mare  solvay
  • informare  la  popolazione  sui  rischi per la  salute
  • prevedere nell'accordo di programma che stanno confezionando in regione un dissalatore a carico di solvay da cui la multinazionale ricavi acqua e sale lasciando l'acqua dolce alla popolazione
  • spostare il serbatoio di etilene ad alto rischio dall'area archeologica di vada
  • realizzare un piano industriale che ponga al centro la necessità di un lavoro utile e dignitoso per tutti